Avvocato Mantova GIOVIALE: CONDANNATO PER TRUFFA e FALSO IN SCRITTURA PRIVATA

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Avvocato GIOVIALE Catanzaro Mantova Soverato: CONDANNATO PER TRUFFA e FALSO IN SCRITTURA PRIVATA

avvocato gioviale

Sentenza Primo Grado

AVVENUTA COMUNICAZIONE al P.G. il 18-09-2009

N. 504 / 09 Reg. Sent.

N. 1222/05 R.G.N.R.

N. 665/07 Reg. Trib.

Data deposito: 17 SET. 2009

TRIBUNALE DI CATANZARO

SEZIONE PRIMA PENALE

 Repubblica Italiana

In Nome del Popolo Italiano

Il Giudice, dott.ssa Assunta Maiore, alla pubblica udienza dell’8 Luglio 2009 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente

SENTENZA

nei confronti di:

GIOVIALE CARMINE VINCENZO, (detto: “Enzo”), nato a Martone (RC) il 16.7.1966, Codice fiscale: GVLCMN66L16E993Z, elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia avvocato Luigi Aloisio, in Soverato (CZ – Catanzaro), via G. Bruno n. 93

Libero – contumace

IMPUTATO

a) Del reato p. e p. dell’art. 640, art. 61 n. 7 e n. 11 c.p., perchè, abusando della fiducia ingenerata dalla relazione derivante dalla prestazione di opera professionale quale avvocato, mediante articifi e raggiri consistiti nel garantire al suo assistito che il modo migliore per preservare il suo patrimonio da eventuali procedure esecutive dai creditori nei suoi confronti sarebbe stato quello di custodire personalmente detto patrimonio, in parte investendolo in operazioni finanziarie personalmente gestire in Bulgaria, inducendo in errore il suo cliente XXXXXXXXXX che si determinava a consegnare in contanti Euro 60.000,00 (ricevendo in garanzia un assegno a sua firma tratto da un conto corrente personale della somma di Euro 63.000,00), nonchè ulteriori Euro 100.000,00 (ricevendo sempre in garanzia altro assegno bancario della somma di Euro 100.000,00), otteneva l’ingiusto profitto pari a circa l’intera somma a lui consegnata da XXXXXXXXXX (10.000,00 Euro venivano recuperati mediante riscossione di uno degli assegni), posto che il capitale investito -nè tantomeno eventuali interessi- fu mai restituito a XXXXXXXXXX, nè gli assegni offerti in garanzia risultarono interamente riscuotibili. Con l’aggravante di cui all’art. 61 n. 7 c.p. di aver cagionato alla persona offesa un danno di rilevante entità. Con l’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 c.p. di aver commesso il fatto con abuso di prestazione d’opera. In Catanzaro l’1.11.2003

b) del reato p. e p. dell’art. 166 D. LGS. 58/98 per aver esercitato abusivamente l’attività di consulenza – intermediazione finanziaria, privo di qualsivoglia autorizzazione. In Catanzaro novembre 2003.

c) del reato p. e p. dell’art. 485 c.p. per aver formato un falso “mandato di gestione fiduciaria” in cui era apparsa in calce la firma XXXXXXXXXX. In Catanzaro il 26.2.2004

CONCLUSIONI

Il P.M.: condanna alla pena di mesi 9 (nove) di reclusione ed Euro 4.500,00 di multa.

La parte civile: conclude per iscritto chiedendo la condanna dell’imputato al risarcimento del danno.

Il difensore dell’imputato: assoluzione con formula terminativa ampia; in subordine minimo della pena e benefici di legge.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto emesso in data 30.7.2007, il P.M. in sede citava in giudizio GIOVIALE CARMINE VINCENZO (detto: “Enzo”), per rispondere delle imputazioni meglio specificate in epigrafe. Differita l’udienza del 20.11.2007 per la necessità di rinnovare la notifica del decreto di citazione a giudizio nei confronti dell’imputato presso il difensore di fiducia (avendovi eletto domicilio con atto depositato presso la Procura in sede l’8.3.2007), all’udienza del 25.2.2008, dichiarata la contumacia del GIOVIALE, superata la fase delle questioni preliminari ed ammessa la costituzione di parte civile di XXXXXXXXXX, il Giudice ammetteva le prove richieste dalle parti, riservando la decisione sulla richiesta di perizia calligrafica all’esito della istruzione orale e documentale.

All’udienza del 19 Maggio 2088 si procedeva all’escussione del teste XXXXXXXXXX e le parti prestavano il consenso all’acquisizione degli accertamenti bancari effettuati dal Mar.llo De Santis e della relazione di accompagnamento dallo stesso redatta, utilizzabile per la decisione solo nella parte relativa ai predetti accertamenti e non anche a quella contenente informazioni testimoniali. Il P.M. rinunciava, quindi, al teste De Santis e, in assenza di opposizione, il Giudice ne revocava l’ammissione. Le parti prestavano, inoltre, il consenso all’acquisizione per lettura del verbale di sit rese da Branca Valerio ed alla rinuncia allo stesso come teste, del quale veniva pertanto revocata l’ammissione. Si procedeva poi all’esame del teste Tigani Vincenzo e ai sensi dell’art. 507 c.p.p., su richiesta concorde delle parti, veniva ammessa l’escussione quali testi di Procopio Giuseppe e Macrina Saverio.

All’udienza del 23.6.2008 venivano esaminati i testi Macrì Antonio e, con il consenso delle parti all’inversione di assunzione delle prove, Procopio Giuseppe (detto: “Pino”). Dopo il differimento delle udienze del 13.10.2008 e del 24.11.2008 per il contestuale impegno del giudice in udienza collegiale con imputati detenuti (e previa sospensione del processo ex art. 132 bis norme att. c.p.p. e art. 2 ter L.125/2008), l’udienza del 30.3.2009 veniva rinviata per l’adesione dei difensori alla astensione delle udienze proclamata dalle associazioni di categoria. Il 10.6.2009 veniva escusso il teste Macrina Saverio e all’udienza del 24.6.2009, dopo l’esame del teste della difesa Fazio Felice, il giudice rigettava la richiesta di perizia calligrafica alla quale, peraltro, la difesa contestualmente rinunciava.

All’odierna udienza, dopo l’acquisizione dei documenti prodotti dalla difesa, dichiarata chiusa l’istruttoria dibattimentale ed utilizzabili ai fini della decisione gli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento, le parti rassegnavano le conclusioni indicate in epigrafe ed il Giudice definiva il procedimento con lettura in pubblica udienza del dispositivo di sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

GIOVIALE CARMINE VINCENZO (detto: “Enzo”), è stato tratto a giudizio per rispondere dei reati meglio specificati in epigrafe. Le risultanze dibattimentali consentono di ritenere provata la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai delitti a lui ascritti ai capi a) e c). Ed, invero, la principale fonte di prova nei confronti del GIOVIALE è rappresentata dalle dichiarazioni della persona offesa XXXXXXXXXX il quale, escusso all’udienza del 19 Maggio 2008, ha così ricostruito i fatti:

– dal 2000 al 2003 egli si dedicò ad attività di web-marketing per conto della società XXXXXXXXXX;

– poichè alcuni utenti avevano denunciato per truffa la predetta società ed alcuni suoi promotori, temendo di poter essere anch’egli destinatario, sia pure ingiustamente, di querele, si affidò per la tutela in sede penale dei propri interessi all’avvocato Graziella GIOVIALE (detta: “MariaGrazia”), sorella dell’odierno imputato (con esito positivo, atteso che le querele vennero in seguito rimesse);

– si presentò, allora, l’occasione di frequentare lo studio legale della famiglia GIOVIALE, presso cui lavorava quale avvocato GIOVIALE CARMINE VINCENZO (detto: “Enzo”), che, peraltro, XXXXXXXXXX conosceva sin dal 1995, quando gestiva un negozio di dischi a Soverato (CZ – Catanzaro) ed entrambi svolgevano l’attività di disc-jockey nella stessa città;

– fu poi un amico comune, tale Giuseppe Procopio (detto: “Pino”), al quale XXXXXXXXXX aveva confidato i timori di vedere intaccati i proventi del proprio lavoro per la XXXXXXXXXX (in ragione delle querele proposte dagli utenti e non ancora rimesse), che gli consigliò di rivolgersi proprio all’avvocato GIOVIALE per tutelare i propri interessi economici;

– l’imputato, approfittando della preoccupazione di XXXXXXXXXX per i propri risparmi, insistette sulla necessità di investirli, proponendosi come persona idonea allo scopo;

– l’investimento unico era inizialmente pari a 60.000,00 Euro, che furono da XXXXXXXXXX consegnati all’imputato alla presenza del signor Procopio Giuseppe (detto: “Pino”): a dire dell’avvocato GIOVIALE, la somma avrebbe generato, grazie alla sua opera, un profitto pari a 3.000,00 Euro in soli 2 (due) mesi e si trattava, sempre secondo il GIOVIALE, di investimenti immobiliari, di cui si occupava il proprio genitore con i direttori di alcune banche soveratesi, dott.ri Tigani Vincenzo (Banca Antonveneta – Filiale di Soverato (CZ – Catanzaro)) e Macrina Saverio (Banca Intesa – Filiale di Soverato(CZ – Catanzaro));

– contestualmente alla consegna della somma di denaro il GIOVIALE emise un assegno postdatato in favore di XXXXXXXXXX, garantendo che alla sua scadenza (prevista pe ril 30.6.2004) avrebbe potuto incassare l’assegno per l’importo di 63.000.000,00 Euro;

– in quell’arco di tempo il GIOVIALE si recava spesso in Bulgaria e in paesi dell’Est Europa, e rassicurava costantemente XXXXXXXXXX affermando che gli investimenti procedevano per il meglio;

– tranquillizzato dalle buone notizie ricevute dall’imputato e considerato che, invece, la vicenda della XXXXXXXXXX non sembrava avviarsi a soluzione, XXXXXXXXXX decideva di affidare a GIOVIALE altri 100.000,00 Euro al solo scopo di farli custodire, con l’intesa che l’imputato avrebbe dovuto restituirli unitamente ai precedenti 63.000,00 Euro. Anche in questa occasione XXXXXXXXXX consegnò somme in contanti e ricevette assegno postdatato di 100.000,00 Euro avente sempre scadenza 30.6.2004.

– Giunta la scadenza dei titoli, egli chiese che venissero onorati ma GIOVIALE prese tempo, affermando che avrebbe provveduto a restituirli nel mese di Novembre, poichè anche i 100.000,00 Euro erano stati investiti nel mercato dell’Est Europa.

– XXXXXXXXXX, però, preoccupato per la sorte dei propri risparmi, pose ugualmente all’incasso i 2 (due) assegni aventi scadenza 30 Giugno 2004, nella speranza che gli stessi fossero coperti, anche perchè riteneva che il giro di affari di GIOVIALE fosse di grosse dimensioni: il 30 Giugno 2004, quindi, versava i 2 (due) assegni presso la filiale di Banca Intesa a Soverato (CZ – Catanzaro);

– il direttore della Banca Intesa a Soverato (CZ – Catanzaro), dott. Saverio Macrina, lo contattava allora telefonicamente, tentando inutilmente di “convincerlo a ragionare”, definendo il GIOVIALE un nullatenente;

– XXXXXXXXXX ricevette nello stesso giorno un’altra telefonata da parte del Signor Procopio Giuseppe (detto: “Pino”), il quale intendeva indurlo a ritirare gli assegni posti all’incasso, passandogli poi nuovamente il direttore di Banca Intesa a Soverato (CZ – Catanzaro): Macrina Saverio, che a sua volta lo invitava a trovare una soluzione amichevole, evitando controversie giudiziarie che sarebbero durate anni, senza che egli riuscisse a recuperare i soldi consegnati a GIOVIALE;

– XXXXXXXXXX, preoccupato per il capitale investito e pressato da tutte le richieste ricevute, si accordò con l’avvocato GIOVIALE e a tal fine fu sottoscritta da entrambi una scrittura privata l’1 Luglio del 2004, alla presenza dei testimoni, nonché firmatari, Macrì AntonioGiuseppe ProcopioCarmelo GIOVIALE (padre dell’imputato): l’imputato espressamente riconosceva gli importi che erano stati investiti, quelli assegnati e si impegnava alla restituzione delle somme, garantendo verbalmente a XXXXXXXXXX che i nuovi assegni emessi erano contestualmente tratti su un conto a lui intestato;

– unitamente alla scrittura privata GIOVIALE rilasciava quindi assegno avente scadenza 1.7.2004 (per l’importo di 10.000,00 Euro) regolarmente incassato da XXXXXXXXXX e 2 (due) nuovi titoli postdatati;

– XXXXXXXXXX si accorgeva però che gli altri assegni non ancora incassati e di importo più consistente si riferivano ad un altro conto corrente differente rispetto a quello su cui erano tratti i 2 (due) assegni scaduti il 30.6.2004 e richiamati dallo stesso XXXXXXXXXX dopo la sottoscrizione della scrittura privata;

– allarmato, chiedeva spiegazioni dal direttore di Banca Antonveneta – Filiale di Soverato (CZ – Catanzaro), dott. Vincenzo Tigani, il quale però, affermò di non potere fornire informazioni al riguardo per non violare il diritto alla privacy;

– avvicinandosi le date di scadenza degli assegni (il 30/11/2004) versò il primo per l’importo di 100.000,00 Euro, che però dopo una settimana venne restituito alla sua banca XXXXXXXXXX Filiale di Soverato (CZ – Catanzaro),perchè irregolare, essendo privo del timbro della Società che lo aveva emesso;

– lo studio legale che all’epoca seguiva XXXXXXXXXX , scrisse allora alla  Banca Antonveneta – Filiale di Soverato (CZ – Catanzaro) denunciando l’omesso protesto e informando che in data 15 Dicembre 2004 un altro assegno pari a 53.000,00 Euro sarebbe stato posto all’incasso;

– in data 15 Dicembre 2004, effettivamente XXXXXXXXXX versava il terzo assegno da 53.000,00 Euro e in questo caso fu elevato il protesto per mancanza di fondi;

– a quel punto XXXXXXXXXX capiva di essere stato definitivamente raggirato ed avviava tutte le azioni legali sia sul piano civile che su quello penale: in particolare effettuava un atto di precetto nei confronti della Società WINTRADE S.r.l. (di cui l’avvocato GIOVIALE era l’amministratore unico e delegato e sul cui conto corrente i titoli rilasciati con la scrittura privata risultavano tratti), che però non andava a buon fine, atteso che della società non veniva rintracciata la sede.

– Quanto al mandato per la gestione patrimoniale datato 26.2.2004 e prodotto in copia dal P.M., di cui a capo c), XXXXXXXXXX ne ha disconosciuto la firma ed ha precisato di aver appreso dell’esistenza di detto mandato, (dallo stesso definito “fantomatico” atteso che in nessuna sede è stato mai prodotto l’originale), nel corso della controversia civile insorta presso la sezione distaccata di Chiaravalle Centrale (CZ – Catanzaro), in seguito alla opposizione a decreto ingiuntivo proposta dal GIOVIALE e basata appunto, anche su quel mandato.

– XXXXXXXXXX, quindi, ritenendosi vittima di raggiri e truffe da parte di colui che avrebbe dovuto essere il legale di fiducia, il suo consulente, la persona alla quale si era affidato in un momento di difficoltà, decideva di proporre querela nei suoi confronti. Egli, infatti, ha affermato che aveva piena fiducia in GIOVIALE, il quale peraltro gli prospettò sempre l’iniziale investimento di 60.000,00 Euro come operazione finanziaria non rischiosa, assicurandogli comunque che non avrebbe mai perso quanto investito e che le prospettive di guadagno erano elevate.

XXXXXXXXXX ha, infine, precisato che nella controversia civile pendente presso la sezione distaccata di Chiaravalle Centrale (CZ – Catanzaro), l’avvocato GIOVIALE ha coinvolto altri soggetti, ovvero la società WINTRADE S.r.l. e tale Fazio Felice che egli conosce per aver visto nello studio di GIOVIALE ma non per aver avuto con lo stesso rapporti professionali ed economici.

Così ricostruiti i fatti secondo la versione offerta da XXXXXXXXXX, occorre rilevare che poiché, inevitabilmente, la persona offesa (specie se costituita parte civile) appare portatrice di un interesse diretto all’affermazione della responsabilità penale dell’imputato, è necessario, come costantemente afferma la giurisprudenza di legittimità, sottoporre ad un’attenta verifica la credibilità intrinseca della testimonianza da essa resa, vagliando a tal fine ogni elemento utile al giudizio di attendibilità.

Ebbene, nella specie, la testimonianza resa da XXXXXXXXXX appare logica, attendibile intrinsecamente per la sua coerenza interna oltre che estrinsecamente perchè riscontrata in punti fondamentali dalle altre emergenze dibattimentali che verranno di qui a poco esaminate.

Ed, invero, la vicenda relativa alla consegna della somma di 60.000,00 Euro all’avvocato GIOVIALE è stata confermata da Procopio Giuseppe (detto: “Pino”) (teste ammesso ex art. 507 c.p.p.), che ha assistito al fatto: il teste, sentito all’udienza del 23.6.2008, ha riferito di aver effettivamente consigliato a XXXXXXXXXX, di cui era amico e che gli aveva manifestato la necessità di investire una consistente somma di denaro, di rivolgersi ad “Enzo” GIOVIALE. Dopo alcuni incontri il Procopio non partecipò, in una occasione nel corso del 2003 assistette alla consegna di una somma in contanti da parte di XXXXXXXXXX  a GIOVIALE affinché fosse investita in attività all’estero. Successivamente XXXXXXXXXX lo contattò comunicandogli di esere preoccupato per l’incasso degli assegni che aveva ricevuto in garanzia dal GIOVIALE. L’imputato successivamente gli chiese di intercedere con XXXXXXXXXX affinché ritirasse i titoli posti all’incasso addivenendo ad una transazione: contattò XXXXXXXXXX in 2 (due) o 3 (tre) occasioni ed infine ritenne opportuno recarsi dal dott. Macrina, direttore della Banca Intesa, filiale di Soverato (CZ – Catanzaro), presso la quale XXXXXXXXXX aveva il proprio conto corrente, chiedendogli di intervenire. Il teste ha, quindi confermato sul punto quanto ha riferito la persona offesa, ovvero che utilizzando il proprio apparecchio cellulare, egli passò la telefonata al Macrina per farlo parlare con XXXXXXXXXX e convincerlo per una soluzione bonaria. Quindi, nello studio dell’imputato, egli sottoscriveva in qualità di testimone la scrittura privata del 1.7.2004, unitamente a GIVIALE Carmelo, padre dell’imputato e Macrì Antonio. In quell’occasione il GIOVIALE consegnò 3 (tre) assegni a XXXXXXXXXX facendo intendere che gli stessi erano tratti sul suo conto corrente personale (cfr. dichiarazioni rese dal Procopio in sede di s.i.t. e confermate in dibattimento).

Ulteriore riscontro alle dichiarazioni di XXXXXXXXXX sullo svolgimento dei fatti è giunto dalle dichiarazioni del teste Macrina Francesco Saverio, escusso all’udienza del 10.6.2009, il quale ha ricordato che XXXXXXXXXX, correntista presso la Banca Intesa, filiale di Soverato (CZ – Catanzaro) da lui diretta, si presentò nel 2004 con 2 (due) assegni di importo considerevole chiedendo che venisse verificata la disponibilità di fondi presso la banca trattaria (Banca Antonveneta, filiale di Soverato (CZ – Catanzaro)).

Apprendevano quindi che gli assegni erano privi di copertura e XXXXXXXXXX si lamentò del fatto che aveva consegnato quelle somme al GIOVIALE e stava rischiando di non recuperarle. In seguito, intervenne presso di lui il Procopio che gli chiese di convincere XXXXXXXXXX a non procedere oltre l’incasso dei titoli. Effettivamente quindi, egli parlò con l’odierna persona offesa telefonicamente in qualche modo perorando la causa di un bonario componimento della questione. Il dott. Macrina: che nel corso del suo esame è apparso soprattutto preoccupato di sminuire il proprio ruolo nella vicenda (tanto che, solo involontariamente ha riferito di un suo viaggio in Bulgaria con GIOVIALE, che in quell’occasione gli presentò arcivescovi e ministri), ha definito GIOVIALE come un “avocato d’affari”, nel senso che egli non si preoccupava di controversie legali ma di attività di mediazioni per investimento all’estero. L’imputato, che secondo il teste era un “solitario che pensava in grande”, era però anche amministratore di una società la WINTRADE S.r.l. che presso la Banca Intesa, filiale di Soverato (CZ – Catanzaro) da diretta dal Macrina aveva anche un conto corrente, sia pure modesto e garantito da una fidejussione prestata dal padre del GIOVIALE.

Anche Macrì Antonio, commercialista sia di GIOVIALE che (per breve periodo) da XXXXXXXXXX, ha confermato che XXXXXXXXXX aveva una consistente somma da investire e che a tal fine GIOVIALE gli presentò anche degli imprenditori, tra cui tale Fazio di Lamezia Terme che era interessato ad aprire una fabbrica in Bulgaria. I soldi, però, furono consegnati da XXXXXXXXXX a GIOVIALE che doveva poi occuparsi dell’investimento e della restituzione successiva della somma. Il teste, infatti, ha precisato di non sapere se fosse prevista la partecipazione societaria di XXXXXXXXXX alla segheria da aprire in Bulgaria o se semplicemente egli si fosse affidato al GIOVIALE consegnandogli i soldi che avrebbe dovuto investire. Macrì, poi, ha escluso di aver partecipato ad incontri tra i 3 (tre).

Il teste Tigani Vincenzo, direttore della Banca Antonveneta, filiale di Soverato (CZ – Catanzaro), dall’Agosto del 2001 fino a Novembre 2004, ha infine confermato che l’imputato era titolare di un conto corrente personale e di uno in qualità di amministratore di una società, WINTRADE S.r.l.

Posti in visione gli assegni tratti sul conto corrente 10361M con scadenza 30/06/2004 di importo rispettivamente pari a 100.000,00 Euro e 63.000,00 Euro, il teste li ha riconosciuti ed ha confermato di aver ricevuto una telefonata da parte del collega che doveva porli all’incasso, ovvero il direttore di Banca Intesa, filiale di Soverato (CZ – Catanzaro), Macrina Saverio che gli chiedeva il c.d. benefondi. Egli contattò anche il cliente per comunicargli che stavano per essere posti all’incasso 2 (due) assegni privi di copertura invitandolo a risolvere il problema. Gli assegni furono poi richiamati in seguito ad un accordo con il beneficiario. Il teste ha anche riconosciuto gli altri 3 (tre) assegni, rispettivamente di 100.000,00 Euro, 10.000,00 Euro e 53.000,00 Euro tratti sul conto corrente 10360Y. Per l’assegno di 10.000,00 Euro il conto era della società WINTRADE S.r.l. e per pagarlo raccolsero una dichiarazione di GIOVIALE che riconosceva il titolo in quanto tratto non a livello personale, ma in qualità di amministratore.

Con riferimento a quello che scadeva prima, dell’importo di 100.000,00 Euro, il signor XXXXXXXXXX si recò presso  Banca Antonveneta, filiale di Soverato (CZ – Catanzaro), diretta da Tigani, per chiedere chi era l’intestatario del conto corrente ma Tigani ritenne di non poter fornire l’informazione, in ciò confermando il racconto di XXXXXXXXXX. Orbene, la versione dei fatti resa da XXXXXXXXXX è stata pienamente riscontrata dalle dichiarazioni rese dagli altri testi, sicché deve ritenersi provato che effettivamente XXXXXXXXXX consegnò a GIOVIALE la somma complessiva di 160.000,00 Euro e che lo stesso non la restituì (se non nella minima parte di 10.000,00 Euro) come invece originariamente previsto.

Non può, invece, aderirsi alla prospettazione difensiva secondo la quale GIOVIALE Carmine Vincenzo (detto: “Enzo”) non perpetrò ai danni di XXXXXXXXXX alcun raggiro al fine di farsi consegnare la somma di denaro, atteso che in realtà, questi non gli consegnò somme da investire e successivamente restituire con gli interessi prodotti: le somme di denaro infatti erano stata consegnate da GIOVIALE a tale Fazio Felice e costituivano una sorta di quota di partecipazione sociale in una segheria che Fazio intendeva aprire in Bugaria. Sicché, poichè la segheria non fu aperta per un impedimento del Fazio, nessuna responsabilità neanche contrattuale poteva addursi a carico del GIOVIALE.

Orbene, il teste Fazio Felice, escusso all’udienza del 24.6.2009 ha precisato di aver chiesto all’avvocato GIOVIALE, che notoriamente conosceva bene il mercato bulgaro, di verificare le possibilità di una espansione della sua attività in quella nazione che presentava costi di manodopera inferiori a quelli nazionali, manifestando quindi l’intenzione di aprire una segheria all’estero. Chiese quindi al GIOVIALE di suggerirgli un socio finanziatore che potesse apportare il capitale necessario per l’operazione e l’imputato gli parlò di XXXXXXXXXX che gli venne presentato nello studio dell’avvocato. Secondo il teste, XXXXXXXXXX consegnò a lui stesso 160.000,00 Euro presso lo studio di GIOVIALE in 3 (tre) tranche da: 50.000,00 Euro ed una da 10.000,00 Euro. A garanzia del finanziamento XXXXXXXXXX ricevette titoli emessi però dal GIOVIALE. Mentre Fazio, a suo dire, non emise alcun titolo a garanzia dell’operazione.

Le dichiarazioni del teste Felice Fazio, appaiono assolutamente smentite da quelle rese, oltre che da XXXXXXXXXX, dal Procopio (indifferente rispetto alle parti) e dalle produzioni documentali.

Ed, invero:

a) nella “scrittura legale” prodotta dalla difesa di parte civile e datata 26.2.2004 sottoscritta “significativamente” solo dal GIOVIALE e dal Fazio (che in udienza ne ha riconosciuto la firma), entrambi davano atto che il Fazio riceveva da GIOVIALE 160.000,00 Euro per conto di XXXXXXXXXX, che però non sottoscriveva quell’atto né veniva allegato alcun mandato, e Fazio rilasciava a GIOVIALE una cambiale per l’intero importo. Appare allora chiaro che la “scrittura legale” (al pari del mandato fiduciario) è posticcia e redatta solo in seguito alle azioni legali promosse da XXXXXXXXXX presso la sezione distaccata del Tribunale di Chiaravalle Centrale (CZ – Catanzaro) con l’intenzione evidente di paralizzare le sue pretese con opposizione a decreto ingiuntivo. La “scrittura legale”, ove rappresentasse un fatto realmente avvenutosmentisce le dichiarazioni stesse del teste Fazio che ha invece affermato di aver ricevuto i soldi direttamente da XXXXXXXXXX in 4 (quattro) tranche;

b) che la consegna materiale di soldi da parte di XXXXXXXXXX non sia avvenuta in favore di Fazio Felice ma del solo avvocato GIOVIALE è poi chiaramente dimostrato dagli assegni rilasciati a garanzia appunto dal GIOVIALE stessoNon si vede perché un avvocato d’affari esperto in investimenti all’estero si esponesse personalmente rilasciando titoli di elevato importo a favore di XXXXXXXXXX, quando poi il diretto beneficiario della somma avrebbe dovuto essere Fazio Felice e non appunto GIOVIALE, garante dell’operazione.

c) Fazio,peraltro, ha dichiarato di non aver mai iniziato l’attività in Bulgaria (adducendo quale ragione la rigidità dell’inverno in quella nazione, dimenticando però di aver in teoria ricevuto la somma di denaro il 26.6.2004, ovvero quando la stagione rigida volgeva al termine) e che a Settembre del 2004 fu vittima di un sinistro stradale in conseguenza del quale subì diversi protesti che non gli consentirono di restituire la somma avuta in prestito e maggiorata degli interessi. Fazio, inoltre, contrariamente a quanto riportato nella “scrittura legale”, non inserì nella voce di bilancio dell’azienda la somma ricevuta.

d) Deve, ancora, evidenziarsi che proprio la “scrittura legale” sottoscritta da Fazio e dal GIOVIALE il 26 Febbraio 2004 dà atto, preliminarmente, della circostanza che l’avvocato GIOVIALE aveva ricevuto da XXXXXXXXXX per “gestione fiduciaria” la somma di 160.000,00 Euro, in ciò confermando involontariamente l’assunto accusatorio. E così si spiega anche perché fu GIOVIALE ad offrire in garanzia a XXXXXXXXXX 2 (due) assegni con scadenza 30 Giugno 2004.

e) E’ importante, sotto questo profilo, prestare attenzione anche ai tempi di restituzione: se effettivamente alla base dell’accordo tra XXXXXXXXXX e GIOVIALE ci fosse stato un serio investimento industriale (in realtà mai prospettato a XXXXXXXXXX), considerando la necessità di acquistare macchinari, di aprire la segheria e far partire la produzione, nessuno avrebbe potuto seriamente ritenere che già il 30 Giugno 2004 l’attività sarebbe stata talmente avviata da consentire la restituzione della somma, produttiva di interessi, al presunto socio finanziatore.

f) Appare, poi, significativo che il Fazio, dopo aver in teoria posto GIOVIALE nella situazione di vedersi protestato per aver emesso assegni al fine di garantire la restituzione di somme destinate alla sua impresa, sia stato “premiato” assumendo, dopo la vicenda, la qualità di collaboratore della WINTRADE S.r.l. di cui GIOVIALE era stato amministratore e poi socio. E, ancora, che Fazio abbia contraddittoriamente negato di aver mai conferito un mandato alle liti a 3 (tre) difensori in sede civile per intervenire nella controversia giudiziaria (unitamente a tale Princi e a GIOVIALEpendente presso la sezione distaccata del Tribunale di Chiaravalle Centrale (CZ – Catanzaro) ed instaurarsi per l’opposizione del GIOVIALE al decreto ingiuntivo, arrivando finanche a non dichiararsi sicuro della veridicità della sottoscrizione di quel mandato (dichiarazioni in relazione alle quali con contestuale ordinanza devono trasmettersi gli atti al P.M. in sede per le valutazioni di competenza).

Altrettanto pregnante nella direzione della inattendibilità delle dichiarazioni del Fazio, appare ancora il falso “mandato di gestione fiduciaria” datato 26 Febbraio 2004 prodotto dalla difesa del GIOVIALE solo in copia e mai in originale (neanche dopo che XXXXXXXXXX ne disconosceva la sottoscrizione nel corso del giudizio civile, e senza quindi chiedere in quella sede la verificazione). La palese falsità ideologica del mandato e materiale della sottoscrizione si desume, oltre che dalla predetta circostanza della comoda volontà di non produrre l’originale (che avrebbe consentito di verificarne con un buon grado di certezza la genuinità con apposita perizia calligrafica), anche dalla successiva scrittura privata dell’1.07.2004, questa si certa nel contenuto e nella sottoscrizione (avvenuta alla presenza di più testimoni che lo hanno confermato): in detta scrittura, contrariamente a quanto affermato nel falso “mandato di gestione fiduciaria” (in cui si dichiarava che i soldi venivano da XXXXXXXXXX consegnati a GIOVIALE per investimenti industriali) è GIOVIALE a precisare che è la verità, ovvero di aver ricevuto le somme da XXXXXXXXXX esclusivamente perchè venissero custodite e non per prestiti a titolo personale o per conto terzi (come appunto la difesa pretenderebbe fose accaduto nei confronti di Fazio, in pratica finanziato da XXXXXXXXXX per il tramite GIOVIALE). In detta scrittura privata, che il GIOVIALE sottoscrisse al fine di far ritirare gli assegni posti in pagamento ed evitare il protesto, egli si assumeva la responsabilità di quanto accaduto e garantiva che XXXXXXXXXX non aveva nei suoi confronti alcun debito, oltre al fatto che gli assegni emessi unitamente alla scrittura fossero autentici e coperti. Così ricostruita in fatto la vicenda per cui è processo, non vi è dubbio che essa integri gli estremi dei delitti di truffa e falso di cui ai capi a) e c).

E’, invero, incontroverso che XXXXXXXXXX abbia deciso di consegnare la somma di denaro a GIOVIALE solo a seguito di artifici e raggiri posti in essere dall’odierno giudicabile. Egli, infatti, attraverso la serie di comportamenti finora analizzati, ha posto in essere una vera e propria falsa rappresentazione della realtà, classificabile come messa in scena consistita nel prospettare una sua “profonda conoscenza” del mercato immobiliare bulgaro ed un investimento privo di rischio a brevissima scadenza, in realtà mai avvenuto. Facendo affidamento sul fato che conosceva XXXXXXXXXX da molti anni e dalla circostanza di potersi vantare della conoscenza di vari direttori di filiali di banche locali, egli induceva XXXXXXXXXX ad affidargli i suoi risparmi da investire in immobiliPer convincerlo, poi, gli riferiva che l’investimento sarebbe stato curato dal di lui padre tramite i direttori di banca Macrina e Tigani (che hanno invece negato di aver mai effettuato investimenti promossi dall’imputato).

Tutti questi elementi di fatto avevano generato in XXXXXXXXXX, che riceveva notizie positive sull’esito del primo investimento di 60.000,00 Euro dal GIOVIALE, la ragionevole certezza di aver concluso un ottimo investimento e lo inducevano a consegnargli una successiva somma di 100.00,00 Euro sia pure per la sola custodia.

Con ciò quindi XXXXXXXXXX esprimeva la propria volontà negoziale ai fini del perfezionamento del contratto di deposito e di finanziamento. Ragionevole certezza che ha rappresentato il motivo unico per il quale la dazione è avvenuta: dagli artifici utilizzati dal GIOVIALE, era pertanto discesa, in via eziologicamente diretta, la manifestazione di consenso negoziale e pertanto l’assunzione di un’obbligazione contrattuale patrimonialmente valutabile (consistita nella consegna della somma di denaro per un importo complessivo di 160.000,00 Euro).

Quanto al profilo soggettivo, è indubbia la ricorrenza del necessario dolo. Il giudicabile ha dimostrato la sua malafede anche con il comportamento adottato successivamente, ovvero con il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nel corso del quale egli ha prodotto il “mandato di gestione fiduciaria”, da considerarsi assolutamente falso alla luce di quanto sopra esposto. E, conscio della sua incapienza, ha ancora sottoscritto una transazione l’1.7.2004 in cui consegnava assegni irregolari perchè emessi sul conto corrente della società WINTRADE S.r.l. di cui all’epoca era amministratoreprivi del necessario timbro, così privando XXXXXXXXXX della garanzia dei primi 2 (due) assegni inizialmente consegnati e poi ritirati e lasciandogli in mano esclusivamente il protesto di un assegno di 53.000,00 Euro. Con ciò dimostrando ancora una volta come egli abbia pervicacemente perseguito il suo ingiusto profitto patrimoniale.

Quanto, in ultimo, al danno patrimoniale, ed al correlativo vantaggio, XXXXXXXXXX ha, per effetto della condotta del giudicabile, assunto un’obbligazione contrattuale che, senza il consenso viziato da una falsa rappresentazione della realtà, giammai avrebbe acquisito nel proprio patrimonio quale posta passiva, essendosi privato della somma di 160.000,00 Euro senza alcun corrispettivo a titolo di interesse e senza più riceverla in restituzione se non nei limiti di 10.000,00 Euro. Con connesso vantaggio patrimoniale del GIOVIALE che è, appunto, venuto in possesso del denaro sine titulo e mai restituito.

Indubbiamente, poi, al momento della proposizione della opposizione a decreto ingiuntivo, GIOVIALE falsificò il “mandato di gestione fiduciaria” per i motivi ampiamente sopra illustrati, contraffacendo la sottoscrizione di XXXXXXXXXX. Sussiste, altresì, l’elemento psicologico della falsità, come si desume dalle modalità della condotta.

Alla stregua delle suddette considerazioni, deve esser affermata la penale responsabilità dell’imputato per i reati di cui ai capi a) e c) della rubrica.

Non è stata, al contrario, raggiunta la prova dell’illegale attività di intermediazione finanziaria effettuata dal GIOVIALE. Ed, invero, proprio la truffa da lui perpetrata, dimostra che egli millantava la possibilità di investire nel mercato (peraltro immobiliare) bulgaroi fatti dimostrano che in realtà egli utilizzò la menzogna per farsi consegnare le somme di denaro da XXXXXXXXXX, che poi non furono investite in titoli immobiliari o comunque in attività finanziarie. Sicchè ritiene questo GIOVIALE che non vi sia prova della sussistenza del reato di cui al capo b).

Sussiste, invece, quanto reati di cui ai capi a) e c) l’identità del medesimo disegno criminoso, essendo stati gli stessi eseguiti nell’esecuzione di un piano delittuoso chiaro sin dal momento din cui GIOVIALE si faceva consegnare le somme di denaro da XXXXXXXXXX.

Ricorrono, inoltre, le contestate aggravanti, sia per aver cagionato a XXXXXXXXXX un danno di rilevante entità, avendo egli consegnato a GIOVIALE ben 160.000,00 Euro, ovvero i suoi guadagni lavorativi, sia per aver commesso il fatto abusando del rapporto di prestazione d’opera intercorrente con XXXXXXXXXX. Possono, comunque, concedersi circostanze attenuanti generiche per meglio adeguare la pena alla gravità del fatto, da ritenersi, però, equivalenti alle aggravanti contestate.

Quanto alla pena, considerati gli elementi di cui all’art. 133 c.p., e alla luce, in particolare, delle modalità dell’azione e dell’intensità del dolo, va inflitta all’imputato la pena finale di mesi 8 (otto) di reclusione ed Euro 300,00 di multa (così determinata: pena base mesi 7 (sette) di reclusione ed Euro 200 di multa per il reato più grave di truffa, aumentata per la continuazione alla pena finale). Alla riconosciuta responsabilità penale consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.

Sussistono i presupposti per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, attesa la risalenza nel tempo dell’unico precedente gravante sul GIOVIALE.

L’imputato va, altresì, condannato al risarcimento del danno cagionato alla parte civile, che, tenendo conto dell’importo del corrispondente danno patrimoniale, della condotta del GIOVIALE nelle vicende legali in sede civile, va liquidato per la sola componente morale in Euro 10.000,00. Il prevenuto va, infine, condannato alla refusione delle spese sostenute dalla stessa parte civile per la costituzione in giudizio che si liquidano in complessivi Euro 3.000,00 di cui Euro 2.700,00 per onorari, oltre accessori come per legge.

Con separata ordinanza va disposta la trasmissione di copia della sentenza e del verbale del 24.6.2009 al PM in sede per le valutazioni di competenza in relazione alle false dichiarazioni del teste Fazio Felice.

La complessità della motivazione ha imposto di indicare in giorni 90 (novanta) il termine per il deposito della stessa.

P.Q.M.

Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.

Dichiara GIOVIALE Carmine Vincenzo colpevole dei delitti a lui ascritti ai capi a) e c) della rubrica unificati in continuazioni e, riconosciute circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, lo condanna alla pena di mesi 8 (otto) di reclusione ed Euro 300,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Visti gli artt. 538 e seguenti c.p.p.,

condanna, altresì, GIOVIALE Carmine Vincenzo al risarcimento dei danni morali in favore della costituita parte civile, che liquida nella misura di Euro 10.000,00, nonché al rimborso delle spese relative alla costituzione e difesa nel presente giudizio che determina in complessivi Euro 3.000,00 oltre accessori come per legge;

Visto l’art. 163 c.p.

ordina la sospensione condizionale della pena.

Visto l’art. 530, comma 2, c.p.p.

Assolve GIOVIALE Carmine Vincenzo dal reato a lui ascritto al capo b) della rubrica perché il fatto non sussiste.

Visto l’art. 544, comma 3, c.p.p.

Indica in giorni 90 (novanta) il termine per il deposito della motivazione della sentenza.

Così deciso in Catanzaro l’8.7.2009

Il Giudice

(Assunta MAIORE)

Depositata in cancelleria: 17 SET 2009

 

soverato

Sentenza Secondo Grado

N. 75/11 Reg. Sent.

N. 339/10 Reg Gen.

SENTENZA

In data 2/2/2011

depositata in cancelleria il 16-2-2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte d’Appello di Catanzaro, Prima Sez. Penale composta dai Sigg.

1) Dott. Donatella GARCEA – Presidente

2) Dott. Alessandro BRAVIN – Consigliere

3) Dott.ssa Isabella RUSSI – Consigliere

Con l’intervento del P.M. rappresentato dalla Dott.sa Raffaela SFORZA con l’assistenza del segretario sottoscritto Dr. Giuseppe STRANIERI ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa penale

CONTRO

GIOVIALE Carmine Vincenzo (detto: “Enzo”), nato a Martone il 16/7/1966, Codice fiscale: GVLCMN66L16E993Z, residente a Soverato (CZ – Catanzaro), Via Giordano Bruno n. 97          libero – contumace

IMPUTATO 

a) Del reato p. e p. dell’art. 640, art. 61 n. 7 e n. 11 c.p., perchè, abusando della fiducia ingenerata dalla relazione derivante dalla prestazione di opera professionale quale avvocato, mediante articifi e raggiri consistiti nel garantire al suo assistito che il modo migliore per preservare il suo patrimonio da eventuali procedure esecutive dai creditori nei suoi confronti sarebbe stato quello di custodire personalmente detto patrimonio, in parte investendolo in operazioni finanziarie personalmente gestire in Bulgaria, inducendo in errore il suo cliente XXXXXXXXXX che si determinava a consegnare in contanti Euro 60.000,00 (ricevendo in garanzia un assegno a sua firma tratto da un conto corrente personale della somma di Euro 63.000,00), nonchè ulteriori Euro 100.000,00 (ricevendo sempre in garanzia altro assegno bancario della somma di Euro 100.000,00), otteneva l’ingiusto profitto pari a circa l’intera somma a lui consegnata da XXXXXXXXXX (10.000,00 Euro venivano recuperati mediante riscossione di uno degli assegni), posto che il capitale investito -nè tantomeno eventuali interessi- fu mai restituito a XXXXXXXXXX, nè gli assegni offerti in garanzia risultarono interamente riscuotibili. Con l’aggravante di cui all’art. 61 n. 7 c.p. di aver cagionato alla persona offesa un danno di rilevante entità. Con l’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 c.p. di aver commesso il fatto con abuso di prestazione d’opera. In Catanzaro l’1.11.2003

b) del reato p. e p. dell’art. 166 D. LGS. 58/98 per aver esercitato abusivamente l’attività di consulenza – intermediazione finanziaria, privo di qualsivoglia autorizzazione. In Catanzaro novembre 2003.

c) del reato p. e p. dell’art. 485 c.p. per aver formato un falso “mandato di gestione fiduciaria” in cui era apparsa in calce la firma XXXXXXXXXX. In Catanzaro il 26.2.2004

APPELLANTE

Avverso la sentenza del 8/7/2009 del Tribunale di Catanzaro, con la quale visti gli artt. 533-535 c.p.p. dichiarava l’imputato colpevole dei delitti a lui ascritti ai capi a) e c) della rubrica unificati in continuazione e, riconosciute circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, lo condannava alla pena di mesi 8 (otto) di reclusione ed Euro 300,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Visti gli artt. 538 e seguenti c.p.p. condannava altresì, l’imputato al risarcimento dei danni morali in favore della costituita parte civile, che liquidava nella misura di Euro 10.000,00 nonché al rimborso delle spese relative alla costituzione e difesa nel presente giudizio che determinava in complessivi Euro 3.000,00 oltre accessori come per legge. Visto l’art. 163 c.p. ordinava la sospensione condizionale della pena. Visto l’art. 530, c. 2 c.p.p., assolveva l’imputato dal reato a lui ascritto al capo b) della rubrica perché il fatto non sussiste.

CONCLUSIONI

Le parti hanno così concluso:

Il P.M.: conferma sentenza;

Il difensore della parte civile: si riporta alle conclusioni;

Il difensore dell’imputato: accoglimento motivi di appello; in subordine la declaratoria di improcedibilità per maturata prescrizione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza emessa l’8 Luglio 2009 dal Tribunale di CatanzaroGIOVIALE Carmine Vincenzo (detto: “Enzo”) veniva condannato alla pena di mesi 8 (otto) di reclusione e 300,00 Euro di multa, per i reati di truffa e falso.

Il giudice di primo grado aveva sostenuto come la penale responsabilità dell’imputato fosse emersa, in maniere tranquillante, dalla deposizione della parte offesa, XXXXXXXXXX, che, peraltro, aveva trovato validi riscontri nella documentazione acquisita e nelle deposizioni degli altri testi escussi.

Avverso tale pronuncia proponeva appello la difesa dell’imputato chiedendo, in primo luogo, l’assoluzione del suo assistito.

Evidenziava, a sostegno della richiesta, come il giudice di primo grado avesse compiuto una errata valutazione delle deposizioni testimoniali e, in particolare, quella della parte offesa che, in più di un’occasione, sarebbe stata contraddittoria e smentita dalle deposizioni degli altri testi escussi.

Quanto al reato di cui al capo C, sosteneva l’insussistenza del falso come ritenuto. Ciò perchè intanto XXXXXXXXXX aveva omesso di avere conferito diversi mandati all’appellante e perchè, sul documento, nel procedimento civile instaurato, era stata disposta perizia al fine di appurarne l’autenticità.

In subordine eccepiva l’eccessività della pena inflitta.

All’udienza del 2 Febbraio 2011, sentite le parti, che concludevano come da verbale, la Corte decideva come da dispositivo.

L’appello proposto non può trovare accoglimento.

Preliminarmente deve dichiararsi l’infondatezza l’eccezione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione sollevata in udienza dalla difesa.

I fatti per i quali è processo risalgono al Novembre 2003, quanto alla truffa, e al Febbraio 2004 quanto all’ipotesi di falso. Di tutta evidenza come, ad oggi, non risulti ancora spirato il termine massimo prescrizionale a norme dell’art. 157 c.p.

Quanto al merito, l’impugnata sentenza appare adeguatamente motivata a tutti i passaggi.

Ed altresì la stessa appare chiara e logica nel suo svolgersi, sì da non potere essere in alcun modo ritenuta contraddittoria.

Nel corpo del provvedimento si dà atto, in maniera convincente, della credibilità della parte offesa, la quale, pertanto non appare da mettere in discussione.

Il racconto di XXXXXXXXXX è stato infatti ordinato e preciso. Privo di contraddizioni. Completo ed esaustivo.

Senza esitazioni il teste ha risposto alle domande anche insinuose della difesa, offrendo sempre risposte logiche e plausibili.

Una deposizione, quindi, pienamente convincente ed attendibile, che ha superato appieno un controllo rigoroso, come richiesto nel caso di esame della parte civile.

La giurisprudenza di legittimità è infatti concorde nel ritenere come la deposizione della persona offesa possa essere assunta, anche da sola, come prova della responsabilità dell’imputato, purché sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192, commi terzo e quarto, cod. proc. pen., che richiedono la presenza di riscontri esterni.

Nonché a sostenere come, qualora la persona offesa si sia anche costituita parte civile, e sia, percò, portatrice di pretese economiche, il controllo di attendibilità debba essere più rigoroso rispetto a quello generico cui si sottopongono le dichiarazioni di qualsiasi testimone e può rendere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 29372 del 24/06/2010)

L’analisi della deposizione, per come sopra descritto, ha permesso di ritenere rispettati i dettami richiesti ed è risultata altresì confermata oltre che dalla documentazione acquisita (assegni e scrittura privata del Luglio 2004) anche dalle altre prove dichiarative ad eccezione della testimonianza di Fazio Felice, di cui si dirà.

Questo il racconto della parte offesa, per come reso, in dibattimento di primo grado all’udienza del 19 Maggio 2008.

All’epoca dei fatti, XXXXXXXXXX si era dedicato all’attività di web marketing per conto di una società XXXXXXXXXX.

Detta cosietà era stata denunciata per truffa da parte di alcuni clienti. Era per tale ragione che XXXXXXXXXX, temendo di potere essere a sua volta (sia pure ingiustamente) denunciato – come era successo peraltro, ad altri promotori – si era rivolto ad un avvocato, tale GIOVIALE Graziella (detta: “MariaGrazia”), per un’eventuale tutela in sede penale.

Le temute denunce querele venivano sporte, mam anche grazie all’intervento del difensore nominato, erano state rimesse e la questione, quindi, alla fine, risolta nel migliore dei modi.

In quel periodo (prima della definizione a suo favore del procedimento penale), pertanto, XXXXXXXXXX aveva necessariamente frequentato lo studio dell’avvocato, dove lavorava anche l’appellate, fratello di GIOVIALE Graziella (detta: “MariaGrazia”).

Prima ancora che le querele venissero rimesse, preoccupato che, ove l’esito di un giudizio fosse stato a lui sfavorevole, i suoi beni ed averi sarebbero potuti essere aggrediti, aveva manifestato i suoi timori a tale Procopio Giuseppe (detto: “Pino”).

Quest’ultimo gli aveva suggerito di affidarsi proprio al GIOVIALE, per tutelare i suoi interessi economici.

E così accadeva.

GIOVIALE, dal canto suo, suggeriva a XXXXXXXXXX un immediato investimento per sottrarre i risparmi ad un’eventuale azione di risarcimento.

Si era trattato di un primo investimento per Euro 60.000,00 che XXXXXXXXXX aveva consegnato al GIOVIALE alla presenza del Procopio.

Investimento che, a dire del GIOVIALE, avrebbe fruttato un profitto pari ad Euro 3.000,00 in soli 2 (due) mesi.

A garanzia della serietà e della certezza dell’investimento il GIOVIALE aveva consegnato alla parte offesa un assegno post datato dell’importo, appunto di Euro 63.000,00, comprensivo del capitale e del profitto.

Era sempre GIOVIALE a tranquillizzare periodicamente XXXXXXXXXX circa il buon andamento dell’investimento, che seguiva personalmente con frequenti viaggi in Bulgaria.

Rassicurato, ed anche perchè la vicenda XXXXXXXXXX ancora non si era risolta, XXXXXXXXXX si determinava ad affidare una nuova somma, Euro 100.000,00, con l’accordo che la stesa gli sarebbe stata restituita. Anche in questa occasione GIOVIALE, a garanzia, consegnava a XXXXXXXXXX assegno postdatato per pari importo.

E però alla scadenza dei 2 (due) titoli ricevuti, nonostante le richieste in tale senso il GIOVIALE non aveva restituito le somme di denaro.

Preoccupato XXXXXXXXXX poneva i titoli all’incasso, ma apprendeva come, in realtà, il GIOVIALE non avesse fondi sufficienti.

Su consiglio del Procopio e dello stesso direttore di Banca IntesaMacrina, ove aveva posto i titoli all’incaso, spinto dalla paura di non rivedere i suoi soldi, XXXXXXXXXX aveva optato per una “soluzione amichevole”.

Ed infatti si era determinato a sottoscrivere, di comune accordo con GIOVIALE una scrittura privata datata 1 Luglio 2004 nella quale lo stesso GIOVIALE aveva riconosciuto di avere ricevuto i soldi, di averli investiti e nel contempo si impegnava alla loro restituzione.

Contemporaneamente aveva consegnato anche un nuovo assegno dell’importo di Euro 10.000,00 che XXXXXXXXXX aveva provveduto ad incassare.

Nei mesi a seguire XXXXXXXXXX non riusciva ad incassare gli altri titoli di ben più consistente importo, ed era per tale ragione che sentendosi definitivamente raggirato aveva deciso di ricorrere alle vie legali per ottenere il denaro di sua spettanza.

In particolare aveva effettuato un atto di precetto nei confronti della WINTRADE S.r.l. (di cui il GIOVIALE era amministratore unico e delegato e sul cui conto corrente risultavano tratti i titoli rilasciati con la scrittura privata) che però non andava a buon fine atteso che non era possibile rintracciare la sede della citata società.

Aggiungeva ancora come nel ricorso della controversia civile instauratasi in seguito ad opposizione a decreto ingiuntivo proposta dal GIOVIALE, XXXXXXXXXX, con estrema sorpresa era venuto a conoscenza dell’esistenza di un mandato apparentemente firmato da lui in favore del GIOVIALE, che quest’ultimo aveva impiegato per proporre l’opposizione.

XXXXXXXXXX aveva disconosciuto la firma ed aveva ribadito di non avere mai visto prima quel mandato.

Precisava inoltre come, nella controversia civile, il GIOVIALE aveva coinvolto, oltre alla WINTRADE Sr.l. anche tale Fazio Felice, da lui incontrato nello studio dell’avvocato.

Si è detto della piena credibilità del teste.

La sua ricostruzione contrariamente a quanto dedotto dalla difesa è risultata perfettamente ancorata a tutte le risultanze processuali.

Infondate le censure mosse alla sua deposizione.

Ed invero le stesse sono state tutt’altro che contraddittorie, mendaci o reticenti.

Mai XXXXXXXXXX, nel corso della sua deposizione ha negato, come invece sostenuto nell’atto di appello di avere conosciuto Fazio Felice.

“Nella causa civile è intervenuta la società WINTRADE S.r.l. ed un altro soggetto Fazio Felice… non ci ho mai avuto alcun rapporto…l’avrò visto nello studio dell’avvocato GIOVIALE…insieme a tutti gli altri imprenditori…nessun rapporto di tipo economico o professionale”

Nè ha mai omesso di rivelare come la scrittura privata del Luglio 2004 fosse stata redatta dai suoi legali e firmata dal GIOVIALE.

Su questo aspetto il teste XXXXXXXXXX è stato infatti chiaro e le sue parole non si prestano alle interpretazioni alternative offerte dalla difesa.

Ed invero, si legge, nel verbale di dichiarazioni rese in dibattimento, al foglio 33: “diciamo che questa scrittura privata nasce dal GIOVIALE insieme anche a me nel suo studio ed in base anche ad alcuni consigli che mi furono dati dallo studio Legale XXXXXXXXXX di XXXXXXXXXX…quindi diciamo che l’abbiamo costruita nello studio…mi fu proposta dal GIOVIALE per trovare una soluzione e con l’avvocato XXXXXXXXXX ho discusso di come poter impostare questa scrittura privata…”

Appare logico e plausibile che fu il GIOVIALE ad interessarsi, atteso che la stipula di una scrittura siffatta avrebbe prodotto effetti positivi proprio nella sua sfera. In mancanza lo XXXXXXXXXX avrebbe sicuramente fatto protestare i titoli e questo era un modo per temporeggiare.

Lo spiega bene XXXXXXXXXX nel corso del suo esame: “la scrittura è stata stipulata per fare ritirare gli assegni che erano stati versati…siccome l’avvocato GIOVIALE stava per essere protestato perché quegli assegni erano sul suo conto corrente personale allora si disse: guarda tu ritiri gli assegni e facciamo le cose per bene, riconosco il debito, mi impegno nella restituzione delle somme e procediamo con la restituzione…”

Nè aveva ragione di negare l’interessamento di un legale, sicuramente più pratico nello stipulare scritture private che lo tutelassero. E, in quella fase, vista l’entità degli investimenti non restituiti, aveva sicuramente bisogno di assistenza.

XXXXXXXXXX mai si è contraddetto.

Sin da subito ha negato di avere mai rilasciato il mandato che gli veniva mostrato in aula, disconoscendo la propria firma.

Mai XXXXXXXXXX ha rilasciato un mandato a GIOVIALE.

Nel corso della sua deposizione ammetteva di avere invece rilasciato un mandato alla WINTRADE S.r.l., ma solo per effettuare ricerche di mercato, oggetto quindi che nulla a che a fare con quello che si ricava dal mandato di cui capo C della rubrica.

E’ cosa ben diversa quindi.

Sicchè nessuna contraddizione può rinvenirsi nelle parole della parte offesa, la quale, ha riferito di 2 (due) distinte circostanze in maniera chiara ed inequivocabile.

Nè il racconto della parte offesa è stato in alcun modo smentito dagli altri testi.

E così il direttore della Banca Intesa, filiale di Soverato (CZ – Catanzaro), Macrina, lo stesso Procopio non si sono mai discostati dal racconto offerto da XXXXXXXXXX.

Solo Fazio Felice ha reso una deposizione contrastante. MA, per come si è visto per lo stesso è stata disposta la trasmissione degli atti all’ufficio di Procura, per falsa testimonianza.

La falsità della sua deposizione emerge in maniera lampante.

Lo stesso ha reso infatti una deposizione palesemente volta alla tutela della posizione del GIOVIALE suo amico. MA la sua è stata una deposizione sotto molti aspetti claudicante e, si questa volta, contraddittoria.

Basti solo pensare che nella ricostruzione, dopo avere sostenuto come lui e XXXXXXXXXX, fossero interessati ad investimenti nei paesi dell’Est Europa, asseriva che GIOVIALE avesse svolto il ruolo di garante, circostanza questa che non veniva in alcun modo spiegata e che, non trova alcuna plausibile giustificazione rendendo quindi il racconto del Felice incredibile, e non in grado quindi di offrire una spiegazione al dato documentale.

Spiegazione che, invece, come si è visto era offerta da XXXXXXXXXX in maniera assolutamente convincente.

Ed ancora, come ampiamente argomentato dal giudice di prime cure – cui si rimanda – la deposizione del Fazio Felice stride con i contenuti della scrittura privata del Luglio 2004 nella quale non si fa alcun riferimento alla ricostruzione dei fatti per come offerta in dibattimento, a riprova che quest’ultima, altro non sia stato, se non un tentativo postumo di aggiustare le cose.

Indubbia quindi deve ritenersi la sussistenza del reato di truffa così come contestato.

Innegabili gli artifizi ed i raggiri posti in essere dal GIOVIALE che avevano indotto lo sprovveduto ed impaurito XXXXXXXXXX a consegnargli ingenti somme di denaro, con la rassicurazione rappresentata dalla contestuale consegna di titoli in garanzia che le somme sarebbero state restituite addirittura maggiorate del profitto.

Parimenti sussistente il chiesto elemento psicologico. La condotta posta in essere dal GIOVIALE anche nelle fasi successive (dalla consegna di titoli scoperti alla successiva stipula di una scrittura privata e consegna di nuovi titoli irregolaridenota la piena consapevolezza e volontà di perseguire un ingiusto profitto ai danni di XXXXXXXXXX.

Quanto all’ipotesi di cui al capo C della rubrica, si è visto come l’assunto di accusa si fondi ancora una volta sulle dichiarazioni, ritenute pienamente attendibili della parte offesa, la quale ha negato di avere mai conferito mandato al GIOVIALE e soprattutto, che la forma apposta in calce al documento fosse sua.

Detta ricostruzione non appare scalfita.

La circostanza che, nel giudizio civile fosse stata disposta una perizia grafologica come sottolineato dalla difesa nell’atto di appello (difesa che però, stranamente si opponeva alla produzione della perizia nelle more depositata nel giudizio civile che la parte civile aveva chiesto di potere produrre) non sposta i termini della questione.

XXXXXXXXXX è credibile. E ha negato la paternità della firma. Ciò basta ad integrare la fattispecie in contestazione, non potendosi dubitare, nemmeno in questo caso circa la sussistenza del necessario dolo. Basti pensare che il mandato, la cui firma veniva disconosciuta da XXXXXXXXXX, veniva prodotto a sorpresa nel corso del giudizio civile e solamente, oltre che stranamente solo in copia, per tentare di non consentire una verifica della paternità del documento.

Nè la parte offesa, per come già esposto, si è mai contraddetta circa il rilascio di mandati all’appellante.

La pena così come inflitta appare congrua in relazione ai fatti così come emersi.

Non appare infatti sostenibile la sua eccessività: il Giudice di primo grado riteneva di partire, per la determinazione della pena finale, da una pena base di 7 (sette) mesi ed Euro 200,00 di multa, di poco superiore al minimo edittale.

La scelta non può che essere condivisa.

Si tratta pur sempre di una truffa di un rilevante valore economico alla luce delle somme di denaro consegnate da XXXXXXXXXX al GIOVIALE che non rende equo partire al minimo di legge.

L’appellante deve essere condannato altresì al pagamento delle ulteriori spese del procedimento nonchè alla rifusione delle spese sostenute per il pagamento del presente grado di giudizio dalla parte civile costituita che si liquidano in complessivi Euro 1.100,00 oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Letti gli artt. 592, 605 c.p.p.

conferma la sentenza emessa l’8.7.2009 dal Tribunale di Catanzaro appellata da GIOVIALE Carmine Vincenzo che condanna al pagamento delle ulteriori spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile per il presente grado di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 1.100 oltre accessori come per legge.

Catanzaro, 2 Febbraio 2011

Il Consigliere est.

Dott.ssa Isabella Rusi

Il Presidente

Dott.ssa Donatella Garcea

 

gioviale

Sentenza Definitiva Cassazione

 36762 / 11

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezione II penale

Udienza pubblica

Del 27/09/2011

Sentenza n. 2197 / 204

Reg. gen. n. 16684 / 2011

composta dai signori

Dott. Filiberto PAGANO – Presidente

Dott. Domenico GALLO – Consigliere

Dott. Antonio MANNA – Consigliere

Dott. Cosimo D’ARRIGO – Consigliere

Dott. Fabrizio DI MARZIO – Consigliere

SENTENZA

su ricorso proposto da

GIOVIALE Carmine Vincenzo (detto: “Enzo”), nato a Martone il 16 Luglio 1966, Codice fiscale: GVLCMN66L16E993Z, avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, I sezione penale, in data 2 Febbraio 2011.

Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Domenico Gallo;

Udita la requisitoria del sottoscritto procuratore generale, Dr. Carmine Stabile, il quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

Udito il difensore della parte civile XXXXXXXXXX, avv. XXXXXXXXXX che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

Udito il difensore, avvocato Steccanella Davide in sostituzione dell’avvocato Anselmo Torchia, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

osserva:

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza in data 2 Febbraio 2011, la Corte di appello di Catanzaro, confermava la sentenza del Tribunale di Catanzaro, in data 8 Luglio 2009, che aveva condannato GIOVIALE Carmine Vincenzo (detto: “Enzo”) alla pena di mesi 8 (otto) di reclusione ed Euro 300,00 di multa per i reati di truffa e falso, oltre al risarcimento dei danni morali in favore della costituita parte civile, XXXXXXXXXX.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine dei reati a lui ascritti, ed equa la pena inflitta.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando 2 (due) motivi di gravame.

Con il primo motivo deduce violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità e vizio della motivazione.

Al riguardo si duole che la Corte non avrebbe effettuato un attento controllo dell’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa XXXXXXXXXX. In particolare eccepisce che gli elementi a carico del GIOVIALE non sono stati prima vagliati singolarmente, per poi essere esaminati in una prospettiva unitaria globale, tendente pone in luce i collegamenti e la concludenza di una medesima direzione dimostrativa.

Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al reato di cui all’articolo 640 del codice penale. Al riguardo eccepisce che nei fatti presi in esame non sussisterebbero gli estremi del comportamento punibile per il reato di truffa trattandosi – tutt’al più – di un fatto di appropriazione indebita.

In via subordinata chiede la declaratoria di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

Con riferimento al vizio di motivazione si ricorda che le S.U. della Corte (S.U. 24.9.03 Petrella) hanno confermato che l’illogica motivazione censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e, è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali.

In conclusione il compito del Giudice di legittimità è quello di stabilire se il Giudice di merito abbia nell’esame degli elementi a sua disposizione fornito una loro corretta interpretazione, ed abbia reso esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti applicando esattamente le regole della logica per giustificare la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass. 6^ 6 Giugno 2012, Ragusa). Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv. 207944, Dessimone).

Alla luce di tale pacifico principio di diritto, il primo motivo di ricorso deve ritenersi inammissibile in quanto in assenza di ogni vizio logico – ictu oculi evidente – della sentenza impugnata, tende a provocare un intervento di questa corte in sovrapposizione argomentativa rispetto alle conclusioni legittimamente assunti dai giudici di merito.

In particolare nessuna censura può essere mossa alla sentenza impugnata in quanto la Corte ha effettuato un penetrante controllo dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, che risultano riscontrate anche da elementi obiettivi quali assegni rilasciati da GIOVIALE e la scrittura privata dal medesimo sottoscritta, in data 1 Luglio 2004, con la quale GIOVIALE riconosceva di aver ricevuto il danaro da XXXXXXXXXX e si impegnava a restituirlo all’avente diritto.

Ugualmente incensurabili sono le considerazioni svolte dalla Corte in ordine alla inaffidabilità delle dichiarazioni rese dal teste Fazio Felice, poiché la valutazione dell’attendibilità di un testimone è questione di fatto che rientra nel potere esclusivo del Giudice.

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, in punto di violazione di legge per l’insussistenza dei presupposti oggettivi della condotta per il reato di truffa, la censura è inammissibile, ai sensi dell’art. 603, comma 3 cod. proc. pen., in quanto relativa a una violazione di legge non dedotta con i motivi d’appello.

Infine per quanto riguarda l’eccezione di prescrizione, è pacifico che l’inammissibilità del ricorso preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio la prescrizione maturata nel corso del giudizio (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 42839 del 08/102009 Ud. (dep. 10/11/2009) Rv. 244999).

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 200, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).

Il ricorrente deve essere altresì condannato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile XXXXXXXXXX, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 (mille/00) alla Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile XXXXXXXXXX, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, oltre spese generali, IVA e CPA.

Così deciso, il 27 Settembre 2011

Il Consigliere estensore

(Dr. Domenico Gallo)

Il Presidente

(Dr. Filiberto Pagagno)

DEPOSITATO IN CANCELLERIA: IL 12 OTT. 2011

Il Cancelliere

Claudia Pianelli

avvocato gioviale